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L’eclissi fotografata

AVete visto l’eclissi del 20 marzo 2015?
Noi l’abbiamo fotografata con i metodi indiretti che vi avevamo spiegato qui.
Un’amica di Chescienza invece ci ha inviato una foto diretta scattata con un filtro.

Ecco le fotografie, mandateci anche le vostre, se ne avete, e le pubblicheremo!

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Foto dell’eclissi con il metodo del cartoncino forato

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Foto dell’eclissi con il metodo del colapasta/colino

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Foto dell’eclissi proiettata usando un binocolo al contrario

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Foto © Tina Monfreda, scattata con macchina fotografica compatta, modalità manuale, con una lastra radiografica usata come filtro solare tra l’obiettivo e il cielo.

L’eclissi di Sole

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Sta per succedere una cosa strana, nel cielo di marzo!
Venerdì 20 ci sarà infatti un’eclissi parziale di Sole.
Volete sapere che cos’è un’eclissi e come si può osservare?

Eclissi è una parola che deriva dal greco e significa “abbandono”: la luce abbandona il Sole (o la Luna).
Si ha un’eclissi di Sole quando è il Sole a essere coperto, in parte o del tutto, dall’ombra della Luna.
Si ha un’eclissi di Luna quando è la Luna a essere oscurata dall’ombra della Terra.

Perché questo accada, Terra, Luna e Sole devono trovarsi “in fila”, cioè sulla stessa linea.

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Venerdì l’eclissi di Sole sarà visibile dall’Italia. Inizierà poco prima delle 9.30, avrà il suo massimo verso le 10,30 per terminare un’ora dopo, alle 11,30 circa.
Gli orari variano a seconda delle località. In questa mappa interattiva della Nasa si possono scoprire, ricordandosi di aggiungere un’ora perché sono indicati gli orari del “tempo universale” UTC.

Se volete osservare l’eclissi ricordate che guardare il Sole a occhio nudo è molto pericoloso e ci vogliono protezioni speciali, come gli appositi occhialini o occhiali da saldatore ad altissima protezione. Gli occhiali da sole non bastano e non sono adatti nemmeno altri schermi “fai-da-te” che a volte vengono consigliati (come pellicole fotografiche o lastre radiografiche): si rischia di danneggiare in modo grave la vista!
Noi di Chescienza però vi sveliamo un trucco per vedere l’eclissi… senza guardarla!

Per vedere la progressione dell’eclissi, cioè il disco del Sole che viene via via coperto dall’ombra della Luna, si può usare un cartoncino su cui avremo fatto un piccolisimo foro. Mettendolo in modo che i raggi del sole lo attraversino, davanti a una parete o a un foglio bianco, si vedrà l’immagine del Sole proiettata sullo “schermo”.
In alternativa, per proiettare l’immagine si può usare uno strumento che è già forato di suo… come un colapasta!

Crediti fotografici:

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/6/6f/Solar_Eclipse_July_22_2009_Incheon_113335KST.jpg

http://commons.wikimedia.org/wiki/File%3AEclipse_diagram_not_to_scale.png

Il pianeta con i pennacchi

Carnevale è appena passato, eppure c’è chi ha ancora voglia di indossare bizzarri “travestimenti”. Nulla di strano, se non stessimo parlando di un pianeta, Marte per la precisione.
Osservando la sua atmosfera, infatti, non si può fare a meno di notare dei curiosi “pennacchi“, alti fino a 250 chilometri! I primi ad accorgersi del fenomeno, già nel 2012, furono degli astrofili, appassionati di astronomia con gli occhi sempre rivolti al cielo.
Da allora, sono stati condotti studi approfonditi e accurate misure, per comprendere la natura di questi strani “sbuffi” di materia. Di che cosa sono fatti? Sembra escluso che siano costituiti da polveri; Marte è soggetto a frequenti tempeste di sabbia, è vero, ma le nubi polverose che sollevano non superano solitamente i 50 chilometri di altezza. Potrebbero invece essere nubi di ghiaccio o “aurore marziane“, simili alle variopinte aurore boreali che si osservano sulla Terra, ma molto più potenti e luminose.
Certo è che questa scoperta porterà gli scienziati a riconsiderare le teorie formulate finora su Marte; chi l’ha sempre chiamato “il pianeta rosso”, oggi potrà usare anche un nuovo soprannome: “il pianeta con i pennacchi”!

I pennacchi di Marte

Darwin Day 2015

Buon compleanno, Mister Darwin!

Carta di identità

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Nome: Charles Robert
Cognome: Darwin
Data di nascita: 12 febbraio 1809
Luogo di nascita: Shrewsbury, Inghilterra
Professione: naturalista
Segni particolari: padre della teoria dell’evoluzione per selezione naturale
Data di morte: 19 aprile 1882
Curiosità: il padre di Darwin sperava che il figlio diventasse medico come lui, ma il giovane Charles scoprì presto che… aveva paura del sangue! Fu così che cambiò idea (per fortuna!) e iniziò gli studi di scienze naturali.

 

Charles Darwin è nato il 12 febbraio… del 1809! Come mai si festeggia il compleanno di una persona che è vissuta due secoli fa?

Ogni anno, in questa data, si festeggia in tutto il mondo il Darwin Day perché questo signore ha avuto un’importanza fondamentale per la nostra conoscenza del mondo.
È lui, infatti, che ha intuito e spiegato come gli organismi viventi cambiano nel tempo, o meglio come si “evolvono”.
Per saperne di più, leggi qui.

Appuntamenti

Per conoscere gli appuntamenti del Darwin Day in tutta Italia cliccate qui
Controllate anche la nostra pagina News per gli appuntamenti speciali per ragazzi in occasione del Darwin Day.

Libri consigliati

Perché siamo parenti delle galline? E tante altre domande sull’evoluzione – F. Taddia e T. Pievani – Editoriale Scienza.
Mini Darwin alle Galápagos – S.Cerrato – Editoriale Scienza
Darwin e la vera storia dei dinosauri – L.Novelli – Editoriale Scienza


Avete fatto una ricerca su Darwin a scuola? Volete saperne di più? Non avete capito qualcosa? Inviateci i vostri contributi e le vostre domande su Darwin e sull’evoluzione!
Aspettiamo le vostre email: info@chescienza.com


I giorni della merla

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Gli ultimi tre giorni del mese di gennaio sono detti “giorni della merla” e si dice che siano i più freddi dell’anno. Sapete perché?

La spiegazione è da cercare in una leggenda, di cui esistono più versioni. Secondo una di queste, una merla e i suoi pulcini, che in origine avevano le piume bianche, si rifugiarono dentro un camino per ripararsi dal freddo e quando ne riemersero – il primo giorno di febbraio – avevano le piume nere.
Un’altra versione della leggenda racconta che ogni anno il mese di gennaio, che era freddo e antipatico – e che allora aveva solo 28 giorni – si divertiva a strapazzare una povera merla, facendo nevicare e scendere il gelo ogni volta che lei usciva per cercare da mangiare. Un anno, la povera merla decise di fare scorta di cibo e starsene rintanata per tutto il mese e uscì solo l’ultimo giorno, pensando di aver ingannato il mese cattivo. Ma lui si arrabbiò, chiese in prestito tre giorni a febbraio e scatenò una bufera di vento e gelo, costringendo la merla a rifugiarsi in un camino da cui uscì tutta nera. Da allora, si racconta, gennaio ha 31 giorni e i merli hanno le piume scure!
Se volete saperne di più sul merlo, cliccate qui!

Orion: la navicella che ci porterà su Marte

Orion with ATV SM
La giornata di ieri, 5 dicembre 2014, è stata un’altra memorabile data per la storia dell’esplorazione spaziale. Tre anni fa, dopo l’ultima missione dello Space Shuttle, sulla piattaforma di lancio di Cape Canaveral non era più tornata una navicella spaziale per equipaggio; questo fino a ieri, con il lancio della navetta Orion.
Chi c’era a bordo? Nessuno… per ora! Era un lancio di prova, senza astronauti, per verificare la messa a punto dei sistemi di lancio e di rientro in atmosfera ad alta velocità. E quando parliamo di alta velocità, non scherziamo affatto: nel suo viaggio di ritorno, Orion ha superato i trentamila chilometri all’ora, raggiungendo temperature di oltre 2200°C!
Ma andiamo in ordine…
Portata in orbita dal razzo Delta IV, Orion ha raggiunto un’altezza di 5800 chilometri (quasi 15 volte superiore alla quota in cui orbita la Stazione spaziale internazionale, di cui abbiamo parlato qui), ha fatto un paio di giri intorno alla Terra, dopodiché è tornata indietro, atterrando… anzi “ammarando” poche ore dopo. Una volta attraversata l’atmosfera, infatti, la navetta è stata rallentata da un sistema di paracadute e ha fatto il suo “splash down” nell’Oceano Pacifico.
Tutto è andato come previsto, insomma, almeno così pare: Orion è pronta per portare astronauti nello spazio ed esplorare nuovi mondi!
Questo successo porta la nostra mente avanti nel tempo, verso una delle prossime sfide del programma spaziale: portare l’uomo su Marte. E se questo accadrà (per ora l’obiettivo è fissato intorno al 2030), sarà probabilmente a bordo dell’Orion.

Verso l’infinito e oltre, con Samantha!

Samantha Cristoforetti official portrait in an EMU spacesuit

Sono passati pochi minuti dal lancio della missione spaziale Futura, e noi di CheScienza, come tantissimi altri, eravamo appiccicati agli schermi a seguire impazienti la diretta. Un lancio nello spazio è sempre emozionante, ma per noi italiani (e italiane, dobbiamo sottolinearlo) questo è stato davvero speciale, perché a bordo della navetta Soyuz, partita alle 22:01 ora italiana, c’era anche il capitano Samantha Cristoforetti, la prima donna italiana nello spazio!

Dopo l’inevitabile Wow! diciamo qualche cosa in più per i curiosi. Dove è andata Samantha, insieme al resto dell’equipaggio? E per fare cosa?

La destinazione della missione Futura è la Stazione Spaziale Internazionale (ISS), un grande laboratorio orbitante che si trova a circa 400 km sopra le nostre teste! Qui si sfruttano le particolari condizioni ambientali, impossibili da riprodurre sulla Terra, per svolgere importanti esperimenti scientifici e sviluppare nuove tecnologie utili sia per l’esplorazione spaziale, sia per la vita di tutti i giorni sul nostro pianeta. La missione Futura porterà sulla stazione spaziale nuovi esperimenti italiani, ma prenderà parte anche a quelli già in corso.

Mentre scriviamo queste righe, Samantha è in viaggio verso la stazione orbitante; l’arrivo è stimato per le 4.00 del mattino di domani (24/11/2014). Fino ad allora… buon viaggio!

Per chi vuole seguire il social-diario di Samantha, in tempo reale dallo spazio, l’appuntamento è su Twitter, all’indirizzo:
https://twitter.com/astrosamantha

Sul sito http://avamposto42.esa.int/ “Guida Galattica per terrestri in missione” troverete inoltre tantissime notizie, curiosità sulla missione e sulla vita a bordo della ISS, domande & risposte a Samantha!


Un dinosauro molto speciale

Pensavate che il T-rex fosse gigantesco? Che fosse il più grande dinosauro carnivoro mai comparso sulla Terra? Sbagliato!!!
Il più lungo dinosauro predatore di tutti i tempi, ben 15 metri dal naso alla punta della coda, era lo spinosauro (Spinosaurus aegypticus).

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Questo dinosauro era già noto agli studiosi, perché alcune ossa erano state ritrovate già all’inizio del Novecento, ma finora non si sapeva come fosse davvero fatto e soprattutto non si sapeva che era… acquatico!

Recentemente, un gruppo di paleontologi (tra cui due italiani) hanno ritrovato un nuovo esemplare nel Sahara. Studiando queste nuova ossa e ricostruendo lo scheletro, e confrontando altri reperti (tra cui un cranio conservato al Museo di Storia Naturale di Milano) sono riusciti stabilire che questo gigante vissuto circa 95 milioni di anni fa conduceva una vita semiacquatica.

Siete curiosi di sapere come hanno fatto i paleontologi a stabilire che Spinosaurus viveva e cacciava le sue prede in acqua?
Osservando le sue caratteristiche. Per esempio, questo dinosauro aveva le narici piccole e situate indietro, così poteva respirare anche tenendo sommersa una parte del muso. I suoi denti, inoltre, erano grandi e a forma di cono e si incastravano in modo che nemmeno il pesce più scivoloso potesse scappare via, mentre le zampe erano adatte a nuotare “palettando” e probabilmente erano palmate come quelle degli uccelli acquatici.

Ora guardate la ricostruzione nella figura qui sopra e provate a rispondere: come mai questo dinosauro è stato chiamato Spinosaurus? Dove potrebbe avere delle “spine”?

Osservate la schiena: porta una grande “vela”, che probabilmente serviva come segnalazione, insomma una specie di enorme bandiera che diceva “ehi, sono qui!”. Questa vela, di pelle, stava dritta grazie a un sostegno formato da enormi prolungamenti delle vertebre, le spine, appunto.

In questo disegno lo vedete bene, e potete vedere anche quanto erano grandi questi animali, grazie al confronto con la sagoma del subacqueo!
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Lo spinosauro viveva dove oggi c’è il deserto… ma come faceva allora a vivere in acqua, vi starete chiedendo. A quel tempo, quasi 100 milioni di anni fa, il paesaggio in quella zona dell’Africa del nord era molto diverso, con fiumi popolati da pesci, tartarughe, coccodrilli e rive dove si aggiravano dinosauri carnivori, mentre nei cieli planavano enormi rettili volanti.

Per finire, guardate che foto si sono divertiti a fare con le ossa del dinosauro acquatico i due paleontologi italiani autori della scoperta, Cristiano Dal Sasso e Simone Maganuco!

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Avete domande o curiosità? Volete inviarci un vostro disegno dello Spinosaurus o di altri dinosauri? Scriveteci a info@chescienza.com

 

CREDITS
Ricostruzione della foto in alto: realizzazione © Geomodel
Disegno: Ricostruzione dello scheletro e confronto dimensionale con la silhouette di
un individuo adulto di taglia compatibile con il muso fossile conservato presso il Museo di Storia
Naturale di Milano. © Marco Auditore & Prehistoric Minds
Fotografia dei paleontologi: Cristiano Dal Sasso e Simone Maganuco (in alto) ricompongono parte dello scheletro. Luigi Bignami & Prehistoric Minds


cheLab 2014 al San Marino Comics: le foto

I nostri CheLab presso il San Marino Comics 2014.
Clicca sulla foto qua sotto per iniziare il tour fotografico!

CheLab 2014 – San Marino Comics


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Algoritmi: questi sconosciuti!

Gli articoli dei nostri lettori
Ricordate i consigli che vi abbiamo dato tempo fa per risolvere il cubo di Rubik? C’erano sequenze di operazioni da eseguire con precisione, passo dopo passo; noi le abbiamo chiamate semplicemente schemi, ma il loro nome “scientifico” è algoritmi. Gli algoritmi sono fondamentali in informatica e, per saperne di più, abbiamo chiesto aiuto a un esperto del settore, grande amico di cheScienza!


Un algoritmo è una sequenza di passi che trasformano un INPUT (dati di partenza, come gli addendi dell’addizione) in un OUTPUT (risultato dell’operazione). Facciamo un esempio per capirci.

Input: pasta, sale, acqua, pomodoro
Output: pasta al sugo!
Qual è l’algoritmo? La ricetta!

L'algoritmo della pasta!

Applesoft_BASIC
Nell’ambito dell’informatica, l’algoritmo deve essere una sequenza di passi computazionali, ovvero passaggi che possono essere effettuati da un computer. Diciamo che la pasta al sugo non fa proprio al caso nostro… meglio lasciar fare alla mamma! Supponiamo invece di volere ordinare 10 numeri disposti a caso:

La sequenza iniziale
(Input)

input

La sequenza che vogliamo ottenere
(Output)

Output

Qualche idea?

L’algoritmo più semplice è questo:

Supponiamo di avere due contenitori, chiamati input e output. Riempiamo il primo con i numeri da ordinare e lasciamo vuoto il secondo
Figura 1
Ora effettueremo i seguenti passi:

1. Prendere i primi due numeri: 3,5

passaggio 1

2. Selezionare il più piccolo: 3

passaggio 2

3. Confrontare il numero scelto con il successivo (quindi il terzo): 3, 7

passaggio 3

4. Prendere il più piccolo: 3

passaggio 4

5. Ripetere i passaggi 3. e 4. fino alla fine dei numeri

passaggio 5

A questo punto avremo trovato il numero più piccolo tra i dieci: 1

passaggio 6

6. Togliere il numero dal contenitore input e metterlnel contenitore output , nella prima posizione

passaggio 7

7. Ripetere i passaggi da 1. a 6. sui nove numeri rimasti nel contenitore input, spostando ogni volta il numero trovato nella prima posizione libera del contenitore output

passaggio 8

8. Alla fine otterremo:
passaggio 9

Che operazioni facciamo durante l’esecuzione dell’algoritmo?

   - “peschiamo” dei numeri dal contenitore input

   - confrontiamo dei numeri per trovare il più piccolo

   - mettiamo dei numeri nel contenitore output

Queste operazioni possono essere effettuate da un computer opportunamente programmato; questo significa che l’algoritmo può essere eseguito automaticamente!


Avete mai utilizzato degli algoritmi nella vostra vita? No? Sicuri?!? Quindi non avete mai fatto, ad esempio, una moltiplicazione? Uhm… a scuola non saranno molto contenti!
Forse non ve ne siete mai accorti, ma quando svolgete un’operazione,state effettuando dei passi che partendo da un INPUT vi portano a un determinato OUTPUT.

Pensate ai passaggi necessari per moltiplicare due numeri tra loro, per esempio 36 x 8. Riuscireste a scrivere l’algoritmo giusto? Provateci, dai! E naturalmente fateci sapere come è andata.


Per cheScienza: Enrico Locatelli


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